PROSA
LA SIGNORINA JULIE
Strindberg, nel suo tentativo di innovare il teatro sottolineava la necessità di ricreare un realismo quasi fotografico nella messa in scena attraverso il trucco teatrale, i dettagli.
Quello che ci interessa oggi, invece, è la profondità del dramma, la sua attendibilità interiore.
La notte di mezz’estate di shakespeariana memoria in cui si svolge conduce il pubblico in uno gabbia mentale ( e simbolica): un sogno, un incubo immerso nel buio dell’oblio e dell’inconscio.
Dentro la testa dei personaggi, degli spettatori.
Non c’è nulla di naturalistico nella scena dai colori grigi (con elementi che ricordano gli oggetti dilatati che si trovano in una gabbietta per uccelli), nell’uso del suono; solo gli attori e i loro corpi si assumono il dramma che si fa carne e libera tutta la sua potenza.
Il dramma racconta la vicenda che vede Julie, giovane figlia di un conte, passare la serata di San Giovanni alla festa della servitù, mentre il padre è assente. Cerca di sedurre il cameriere Jean, il quale si dichiara innamorato di lei. Visti dai servitori decidono di scappare per l'imminente caduta della reputazione della ragazza, ma scoperti dalla cuoca Kristin non riescono nell'intento. Tornato il conte, la situazione precipita fino al tragico epilogo.